La legge (del 1992) parla solo di vetture a benzina e diesel. Un’esclusione che diventa ogni giorno più grave. Perché aumentano i modelli a batteria. E le politiche, locali e nazionali, di incentivazione della mobilità «pulita» si fanno sempre più martellanti.
Le persone con disabilità non possono richiedere l’Iva agevolata al 4% per le vetture elettriche e ibride e per le minicar da guidare con il patentino speciale e gli autocarri.
Colpa di una legge, la 104 del 1992 («Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate»), che allora non aveva previsto la crescente presenza delle vetture a batteria.
Accanto alle agevolazioni per l’adattamento dell’auto, la legge prevede che al momento dell’acquisto si possa richiedere l’Iva al 4% su «autovetture nuove o usate aventi cilindrata fino a 2.000 centimetri cubici, se con motore a benzina, e fino a 2.800 centimetri cubici se con motore diesel».
Non essendo espressamente citati, i veicoli elettrici vengono dati per esclusi dal beneficio fiscale. Mentre quelli ibridi, con un escamotage «all’italiana», vi rientrano in virtù della componente termica del loro sistema di trazione.
Dal 1992 ad oggi ci sono state due occasioni per modificare il testo, adeguandolo alle realtà del mercato automobilistico.
Una circolare dell’Agenzia delle Entrate del 24 aprile 2015 estendeva l’Iva agevolata anche alla riparazione degli adattamenti. Ma le vetture ibride ed elettriche continuavano a essere ignorate.
Nel 2016 un emendamento del decreto legislativo (ddl bilancio) prevedeva finalmente l’agevolazione fiscale anche per le auto a batteria. Ma l’emendamento veniva in seguito ritirato.
Siamo dunque di fronte a una vacatio legis che penalizza le persone disabili e diviene ogni giorno più incomprensibile, data la crescente offerta di vetture ibride ed elettriche.
Un’esclusione tanto più anacronistica quanto più si consideri le martellanti politiche, nazionali e locali, di incentivazione della mobilità a basso impatto.