Gibellina – Cultura
Il nome di questo paese si suppone derivi dall’arabo Gebel (Montagna, Altura) e Zghir (Piccola); il nome completo significa, pertanto, “piccola montagna”, “piccola altura”. Oggi Gibellina è un museo dell’architettura moderna. Esempio ne sono la Chiesa Madre di Ludovico Quaroni, i Giardini Segreti di Francesco Venezia, la Porta del Belice di Pietro Consagra, Piazza XV gennaio 1968 con la Torre Civica-Carrilion di Alessandro Mendini, il Sistema delle piazze (di Laura Thermes e Franco Purini), il Monumento ai Caduti, etc. Gibellina fu distrutta dal terremoto del Belice del 1968. L’allora sindaco della città, Ludovico Corrao, decise di far partecipare alla ricostruzione decine di artisti, letterati e architetti di fama mondiale – tra questi Pietro Consagra, Alberto Burri, Mario Schifano, Andrea Cascella, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino, Alighero Boetti, Bob Wilson, John Cage, Carla Accardi, Giulio Turcato, Fausto Melotti, Emilio Isgrò, Joseph Beyus, Richard Long, Franco Angeli, Francesco Venezia, Ludovico Quaroni, Alessandro Mendini, Leonardo Sciascia, Giovanni Treccani, Damiano Damiani, Sergio Zavoli, Carlo Levi, e l’elenco è parziale – facendo diventare Gibellina un posto eccezionale. Un vero museo a cielo aperto.
La Stella (Ingresso al Belice)
Nella città d’arte voluta dal senatore Ludovico Corrao, una delle opere più famose è la “Stella”, un grandioso portale di acciaio inox (donato dalle acciaierie di Terni), progettato da Pietro Consagra nel 1981 come simbolo della rinascita dopo il terremoto, di tutta la Valle del Belice. Alta 26 metri, la stella, plurimillennario archetipo mistico, richiama i motivi delle luminarie che addobbano le feste di paese, ed è stata denominata dallo stesso autore “Ingresso al Belice”.
La Piazza del Comune e Torre Civica
La piazza del comune è circondata da un portico realizzato da Vittorio Gregotti e Giuseppe Samonà, alle cui pareti si trovano delle ceramiche decorate da Carla Accardi. Al bordo della piazza si trovano delle sculture di metallo bianco, originariamente scenografia per l’opera teatrale “Edipo Re”, intitolate la “Città di Tebe” di Pietro Consagra, la scultura in travertino “Città del sole” di Mimmo Rotella e “La torre” di Alessandro Mendini. Realizzata nel 1988 da Alessandro Mendini, la Torre Civica è posizionata nella piazza XV Gennaio 1968. Dalla torre, quattro volte al giorno (che corrispondono ai quattro momenti più importanti per il popolo gibellinese), fuoriesce un mix di suoni (urla, venditori ambulanti…) caratteristici della vita quotidiana della “vecchia” Gibellina. La torre civica o dell’orologio, in cemento e ferro, è stata progettata nel 1987 da Alessandro Mendini, famoso architetto e designer milanese, fondatore con il fratello, nel 1989, dell’atelier Mendini dove continua a lavorare. La torre è il fulcro della Piazza del Municipio e l’asse focale verticale di essa. Alta circa dieci metri è formata da due mezzi coni dai quali fuoriescono due caratteristiche “ali” colorate, che la ravvivano.
Sistema delle Piazze
Il cosiddetto “Sistema delle Piazze” a Gibellina è un allineamento di piazze cinte da strutture architettoniche laterali progettate da Franco Purini e Laura Thermes. Del sistema delle piazze fanno parte:
- laPiazza Rivolta del 26 giugno 1937;
- laPiazza Fasci dei Lavoratori;
- laPiazza Monti di Gibellina;
- laPiazza Autonomia Siciliana;
- laPiazza Passo Portella delle Ginestre.
Questi luoghi esprimono il loro fascino soprattutto la notte, quando ad esse si uniscono i giochi di luce e la luminosità della notte.
Museo Civico d’Arte Contemporanea
Il museo d’arte contemporanea di Gibellina “ MAC” si forma attraverso il contributo di numerosi artisti fra i più importanti del panorama nazionale ed internazionale. Fra i primi ad aderire all’appello del sindaco di allora, Ludovico Corrao, risposero proprio gli artisti siciliani: Pietro Consagra, Carla Accardi ed Emilio Isgrò. Fin dalla sua apertura, avvenuta nel 1980, grazie alla donazione “Nino Soldano”, il museo di Gibellina ospita una ricca collezione che contiene ad oggi più di 1800 opere fra dipinti originali, grafiche e sculture. La location si articola in 8 sale, la prima “Museo en plein air” è uno spazio espositivo che racconta la storia della città di Gibellina prima e dopo il tragico sisma del 1968. La seconda è dedicata a Mario Schifano in essa è custodito uno dei più originali e preziosi cicli pittorici del grande maestro, dieci grandi opere pittoriche dal titolo il Ciclo della natura realizzate a Gibellina nella primavera del 1984. La terza presenta la “ Collezione Nino Soldano, Opere grafiche” la quale nasce grazie al generoso e illuminato collezionista‐mecenate che a questo museo, il 1° maggio 1980, ha donato un’ampia e preziosa collezione di opere grafiche realizzate da importanti artisti. La quarta “ Il ‘900 tra Realismo e Astrattismo” presenta le opere pittoriche di alcuni maestri dell’arte italiana che hanno operato nel ’900, quali Beniamino Joppolo, Fausto Pirandello, Ernesto Treccani, Lia Pasqualino Noto e Gianbecchina. Nella quinta “ Forma 1” sono esposte opere di artisti che hanno dato vita ad uno dei movimenti dell’arte astratta italiana del 900 come Carla Accardi, Pietro Consagra e Giulio Turcato. La sesta “ Dalla Transavanguardia ai nuovi scenari dell’Arte Contemporanea” è uno spazio espositivo molto variegato per stili e tendenze poetiche, la sezione è dedicata alle opere di artisti che operano in Italia dal 1970‐80 a oggi. La settima “ Dalla Scuola di Piazza del Popolo alle poetiche dell’Astrattismo e dell’Informale” è un percorso espositivo che narra le vicende dell’arte italiana degli anni 50‐80, periodo storico caratterizzato da movimenti artistici e percorsi creativi individuali, fondati sulle variegate poetiche dell’Astrattismo, della Pop Art e dell’Informale di derivazione americana. L’ottava ed ultima sala “Collezione Fotografica” raccoglie le opere di alcuni grandi fotografi che con il loro sguardo poetico hanno raccontato la Gibellina del terremoto e dell’arte.
Fotografi che hanno percorso e ritratto le strade, le piazze, i monumenti e l’umanità della città, luogo d’arte che ha suscitato una molteplicità di percezioni e di intuizioni creative. Una sezione fotografica quale documentazione visiva che racconta la storia di Gibellina dal sisma alla ricostruzione, una narrazione condotta con linguaggi fotografici diversi che toccano l’anima e il pensiero. In questa sezione si possono ammirare le opere fotografiche di Mimmo Jodice, Letizia Battaglia, Melo Minnella, Vittorugo Contino, Arno Hammacher, Mario Giacomelli, Maria Mulas, Angelo Pitrone, Silvio Wolf.
Museo delle Trame Mediterranee
Il Museo, istituito nel 1996 da Ludovico Corrao, è il frutto di anni di ricerche e di acquisizioni, frutto di incontri, dibattiti, studi e seminari promossi dalla Fondazione Orestiadi. Il Museo e lo spazio antistante le Case Di Stefano, mostrano i segni di un’antropologia culturale che si pone al di fuori della logica egemonica dell’Occidente sull’Oriente, del Nord sul Sud. Accostare oggetti di diverse epoche e provenienze permette di leggere l’evoluzione dei principali motivi decorativi tipici dello sviluppo artigianale e artistico del Mediterraneo. In questo luogo vengono custodite pitture, sculture, terrecotte, scritture, arazzi, gioielli, tavole e originali capi di abbigliamento che fanno dialogare il passato con il presente, coniugando insieme natura e cultura. Nello stesso complesso sorge “La montagna di Sale”, opera di Mimmo Paladino. Una sequenza di corpi, di grovigli di teste, di zampe, la paura d’esser imprigionati. Il lavoro di Mimmo Paladino rievoca conflitti, battaglie, meandri e fantasmi, che aleggiano dalle macerie d’un lontanissimo passato, timori ancestrali, i temi del sacrificio, del dolore, dell’isolamento, della lontananza, della morte. Una montagna di sale, una massa solida, almeno alla vista, ma friabile, delicata e bianchissima.
Cretto di Burri
Questo non è un museo in quanto tale, ma poiché è divenuto un luogo di enorme valore storico e culturale, possiamo affermare che è a tutti gli effetti un museo all’aperto. Gibellina nuova nasce da una tragedia, da un terremoto, i cui resti sono ancora visibili, in parte sotto il Cretto di Alberto Burri , gigantesco monumento della morte che ripercorre le vie e vicoli della vecchia città. Infatti sorge nello stesso luogo dove una volta vi erano le macerie, attualmente “cementificate” dall’opera di Burri. Dall’alto l’opera appare come una serie di fratture di cemento sul terreno, il cui valore artistico risiede nel congelamento della memoria storica di un paese. Il cretto è una tra le opere d’Arte contemporanea più estese al mondo. L’opera è costituita di un’enorme colata di cemento bianco che compatta i dodici ettari di macerie del centro storico di Gibellina. Il progetto fu avviato nel 1984 e terminato cinque anni dopo. Le macerie furono distrutte grazie all’intervento dell’esercito; raccolte con bulldozer, compattate e tenute insieme da reti metalliche. Sopra questi blocchi omogenei si colò il cemento liquido bianco. Ogni fenditura è larga 2-3 metri, mentre i blocchi sono alti un metro e sessanta circa. Il tracciato dei blocchi e delle fenditure ricalca in buona parte l’impianto urbanistico, con le strade e gli isolati. L’efficacia del progetto e l’intensità dell’impatto percettivo sono dati dall’opposizione visiva tra l’esterno: l’opera come arte ambientale, che si può leggere a chilometri di distanza con un effetto quasi pittorico, e l’interno: l’opera come spazio percorribile, ad altezza d’uomo – un vasto e spettrale labirinto aperto fra le crettature, che diviene un percorso di smarrimento, di riflessione sulla nozione stessa di perdita.
Belice/Epicentro della Memoria Viva
Belìce/Epicentro della Memoria Viva è un museo sempre “in costruzione” perché nasce come luogo aperto e vissuto dalla gente, uno spazio espositivo in continua evoluzione che si arricchisce di nuovi contributi di chi vive o chi “passa” dal Belìce: un luogo che narra la storia di una Sicilia che sorprende, che attrae e ispira. A Belìce/EpiCentro ognuno potrà portare e condividere pezzi di storie personali che diventano memoria collettiva. Belìce/EpiCentro è nato con il progetto “Le Terre che tremarono”, ideato dal “C.R.E.S.M.” di Gibellina, da “CLAC” di Palermo, “Le Mat” con sede a Roma e “Eco” di Polizzi Generosa con il sostegno della “Fondazione con il sud” e della Provincia di Trapani. Lo spazio contiene e offre alla fruizione video, racconti, disegni, fotografie, documenti che rappresentano la coscienza storica della gente del territorio belicino e raccontano storie importanti e poco conosciute di lotte e mobilitazione popolare prima e dopo il terremoto del 1968. La storia inizia negli anni 50 con Danilo Dolci e attraversa un trentennio fondante della Storia locale ma anche italiana, perchè il Belice fu in quegli anni un laboratorio innovativo di pratiche di agire sociale che è importante oggi conoscere, per riflettere sul presente che stiamo vivendo. In questo sito il viaggiatore scopre la storia di un territorio, la Valle del Belìce, e del suo popolo, che a partire dagli anni 60 produsse uno dei più interessanti esperimenti di democrazia partecipativa in Italia. Gli “scioperi alla rovescia”, le denunce sociali, le inchieste, i digiuni di Danilo Dolci e del suo Centro per la Piena Occupazione, i Comitati Cittadini per lo sviluppo del Belice, il terremoto del 1968 e le lotte popolari per la ricostruzione del Belìce. Tutto questo è narrato attraverso mappe virtuali, fotografie parlanti, video e documenti d’epoca con i quali creare itinerari inediti e originali per un viaggio nella terra di Sicilia.
Chiesa Madre
Nel 1970 Ludovico Quaroni riceve l’incarico per la progettazione della Chiesa parrocchiale di Gibellina sulla sommità di una leggera collina, nel punto più alto del paese. Il progetto è completato nel 1972 insieme a Lucia Anversa. La geometria della chiesa di Gibellina rappresenta una novità, non solo nello schema tipologico dell’edificio e nel suo rapporto con il luogo, ma anche nel linguaggio per le forme architettoniche. Le varie funzioni sono raccolte e distribuite all’interno di un parallelepipedo a base quadrata di circa 50 metri di lato, ulteriormente diviso in moduli e sottomoduli, mentre il centro simbolico e geometrico del monumento è una grande sfera liscia, di cemento che costituisce un riferimento puntuale del sacro. I lavori iniziarono nel 1985. Il 15 agosto 1994 crolla la copertura del tetto, fortunatamente senza provocare vittime. I lavori di restauro, iniziati nel 2002, sono stati ultimati all’inizio del 2010. Resta da ultimare il mosaico in tasselli d’oro previsto dietro l’altare all’interno della sfera.
Chiesa di San Giuseppe
La Chiesa di San Giuseppe pur non essendo un edificio dal valore storico o architettonico, essendo una chiesa di nuova costruzione è, tuttavia, diventata parte integrante del tessuto urbanistico della cittadina. La parrocchia è nata dal desiderio di tenere viva la memoria del culto del Santo risalente al vecchio paese poi distrutto dal sisma del ’68.